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Canzone d’amore

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Il tuo viso è come una luna che splende sulla terra,

Come una densa notte s’intrecciano i tuoi grappoli;

Le mele del paradiso sono i tuoi templi,

E tuoi occhi profondi dal mare ti sono stati prestati.

Hai le sopracciglia arcuate e scuri, gli occhi scuri, amore mio;

senza pari sei tra le ragazze innumerevoli della terra.

Tue ciglia sono frecce al mio cuore;

La tua bocca è un tulipano umido, pieno di perle.

NAHABED KOUTCHAK

Era un poeta armeno, che visse nella seconda metà del 15 ° secolo.

Anche se ha scritto solo canzoni d’amore, egli è venerato come un santo, e la sua tomba vicino a Van è un luogo di pellegrinaggio.

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Dono

Regalo

Se fossi abbastanza ricco,

Ti avrei regalato la luce della luna… e comprensione…

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Il piccolo principe

Citazioni


1

I grandi mi risposero di lasciare da parte i boa, sia di fuori che di dentro,

e di applicarmi invece alla geografia, alla storia, all’aritmetica e alla grammatica.

Fu così che a sei anni io rinunziai a quella che avrebbe potuto essere la mia gloriosa carriera di pittore.

Il fallimento del mio disegno numero uno e del mio disegno numero due mi aveva disanimato.

I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta.

Allora scelsi un’altra professione e imparai a pilotare gli aeroplani.

Ho volato un po’ sopra tutto il mondo: e veramente la geografia mi è stata molto utile.

A colpo d’occhio posso distinguere la Cina dall’Arizona,

e se uno si perde nella notte, questa sapienza è di grande aiuto.

Ho incontrato molte persone importanti nella mia vita, ho vissuto a lungo in mezzo ai grandi.

Li ho conosciuti intimamente, li ho osservati proprio da vicino.

Ma l’opinione che avevo di loro non è molto migliorata.

2

Quando ne incontravo uno che mi sembrava di mente aperta,

tentavo l’esperimento del mio disegno numero uno, che ho sempre conservato.

Cercavo di capire così se era veramente una persona comprensiva.

Ma, chiunque fosse, uomo o donna, mi rispondeva: ” È un cappello”.

E allora non parlavo di boa, di foreste primitive, di stelle.

Mi abbassavo al suo livello. Gli parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte.

E lui era tutto soddisfatto di avere incontrato un uomo tanto sensibile.

3

Ho serie ragioni per credere che il pianeta da dove veniva il piccolo principe e l’asteroide B 612.

Questo asteroide è stato visto una sola volta al telescopio da un astronomo turco.

Aveva fatto allora una grande dimostrazione della sua scoperta a un Congresso Internazionale d’Astronomia.

Ma in costume com’era, nessuno lo aveva preso sul serio.

I grandi sono fati così.

Fortunatamente per la reputazione dell’asteroide B 612 un dittatore turco impose al suo popolo, sotto pena di morte, di vestire all’europea.

L’astronomo rifece la sua dimostrazione nel 1920, con un abito molto elegante.

E questa volta tutto il mondo fu con lui.

4

I grandi amano le cifre.

Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali.

Non si domandano mai:

“Qual è il tono della sua voce?

Quali sono i suoi giochi preferiti?

Fa collezione di farfalle?”.

Ma vi domandano:

“Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?”

Allora soltanto credono di conoscerlo.

Se voi dite ai grandi:

“Ho visto una bella casa di mattoni rosa, con dei gerani alle finestre, e dei colombi sul tetto”, loro non arrivano a immaginarsela.

Bisogna dire:

“Ho visto una casa di centomila lire”, e allora esclamano: “Com’è bella”.

Così se voi gli dite:

“La prova che il piccolo principe e esistito, sta nel fatto che era bellissimo, che rideva e che voleva una pecora. Quando uno vuole una pecora è la prova che esiste”.

Be’, loro alzeranno le spalle, e vi tratteranno come un bambino. Ma se voi invece gli dite:

“Il pianeta da dove veniva è l’asteroide B 612” allora ne sono subito convinti e vi lasciano in pace con le domande. Sono fatti così.

Non c’è da prendersela.

I bambini devono essere indulgenti coi grandi.

5

È triste dimenticare un amico.

Non tutti hanno avuto un amico.

6

I fiori sono deboli. Sono ingenui. Si rassicurano come possono.

Si credono terribile con le loro spine

Da migliaia di anni i fiori fabbricano le spine.

Da migliaia di anni le pecore mangiano tuttavia i fiori.

E non è una cosa seria capire perché i fiori si danno tanto da fare per fabbricarsi delle spine che non servono a niente?

Non è importante la guerra fra le pecore e i fiori?

Non è più serio e più importante delle addizioni di un grosso signore rosso?

E se io conosco un fiore unico al mondo,

che non esiste da nessuna parte,

altro che nel mio pianeta,

e che una piccola pecora può distruggere di colpo,

così un mattino, senza rendersi conto di quello che fa,

non è importante questo?”

7

Se qualcuno ama un fiore, di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle,

questo basta a farlo felice quando lo guarda.

E lui si dice: “Il mio fiore è là in qualche luogo.”

8

Io conosco un pianeta su cui c’è un signor Chermisi.

Non ha mai respirato un fiore.

Non ha mai guardato una stella.

Non ha mai amato nessuno.

Non fa altro che addizioni.

E tutto il giorno ripete come te:

“Io sono un uomo serio! Io sono un uomo serio!” e si gonfia di orgoglio.

Ma non è un uomo, è un fungo!”

9

Mi domando, disse, se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua.

10

Gli uomini?

Ne esistono, credo, sei o sette.

Li ho visti molti anni fa.

Ma non si sa mai dove trovarli.

Il vento li spinge qua e là.

Non hanno radici, e questo li imbarazza molto.

11

Non si vede bene che col cuore.

L’essenziale è invisibile agli occhi.

12

Non si è mai contenti dove si sta.

13

Gli uomini, disse il piccolo principe, si imbucano nei rapidi,

ma non sanno più che cosa cercano.

Allora si agitano, e girano intorno a se stessi”

14

Un po’ d’acqua può far bene anche al cuore…

15

Da te, gli uomini, disse il piccolo principe, coltivano cinquemila rose nello stesso giardino e non trovano quello che cercano.

Non lo trovano, risposi.

E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua.

Certo, risposi.

E il piccolo principe soggiunse:

Ma gli occhi sono ciechi.

Bisogna cercare col cuore.

16

Ma gli occhi sono ciechi.

Bisogna cercare col cuore.

17

Se tu vuoi bene ad un fiore che sta in una stella, è dolce, la notte, guardare il cielo.

Tutte le stelle sono fiorite.

18

Guarderai le stelle la notte.

È troppo piccolo da me perché ti possa mostrare dove si trova la mia stella.

Meglio così.

La mia stella sarà per te una delle stelle. Allora tutte le stelle, ti piacerà guardarle…

Tutte saranno tue amiche.

E poi voglio farti un regalo…

19

Gli uomini hanno delle stelle che non sono le stesse.

Per gli uni, quelli che viaggiano, le stelle sono delle guide.

Per altri non sono che delle piccole luci.

Per altri, che sono dei sapienti, sono dei problemi.

Per il mio uomo d’affari erano dell’oro.

Ma tutte queste stelle stanno zitte.

Tu, tu avrai delle stelle come nessuno ha…

– Che cosa vuoi dire?

– Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò in una di esse, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero.

Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!

E rise ancora.

– E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto.

Sarai sempre il mio amico.

Avrai voglia di ridere con me.

E aprirai a volte la finestra, così, per il piacere…

E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo.

Allora tu dirai: “Sì, le stelle mi fanno sempre ridere!”

20

Le parole sono una fonte di malintesi.

IL piccolo principe

Antoine de Saint Exupéry

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Relazioni

Tenerezza

 

Perché mai dall’abbandono e dalla profondità della tristezza e del dolore
invece che dalla gioia e dalla letizia la tenerezza nasce?

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Impavidità

Impavidità

«Cos’è l’amore?».

«L’assenza totale di paura», disse il maestro.

«E cos’è che temiamo?».

«L’amore», rispose il maestro.

Un minuto di saggezza

Anthony de Mello

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Accettarsi!

Accettarsi!

 

Di solito e molto spesso diciamo gli uni agli altri: “Ti accetto come sei!”

La nostra attitudine dovrebbe essere riguardo questa dichiarazione: potremmo, dovremmo, ci piacerebbe…

Qui abbiamo solo il diritto di dire: Se fossi abbastanza ricco, vorrei regalarti: Comprensione!

 

Non esistono delle giustificazioni giustificabili!

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Parvenza

Parvenza

E forse l’assenza si presenterà?

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Il canto degli uccelli

Il canto degli uccelli

I discepoli facevano molte domande su Dio.

Il Maestro disse: “Dio è ignoto, e inconoscibile,

ogni affermazione che lo riguardi,

ogni risposta alle vostre domande,

è una distorsione della verità.”

I discepoli rimasero perplessi.

“Ma allora perché parli di lui?”

“Perché cantano gli uccelli?”, disse il Maestro.

Un uccello non canta perché ha qualche dichiarazione da fare.

Canta perché ha una canzone.

Le parole dell’erudito devono essere comprese.

Le parole del maestro, non si devono comprendere,

bisogna ascoltarle come si ascolta il vento tra gli alberi

e il rumore del fiume

e il canto degli uccelli.

Esse risveglieranno nel cuore

qualcosa che è al di là di ogni conoscenza.

Il canto degli uccelli

Anthony de Mello

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Portami il flauto e Canta!

Portami il flauto e Canta!

Portami il flauto e canta!

poiché nel canto sta il mistero dell’eternità…

E il gemito del flauto rimane

anche dopo la fine dell’esistenza…

Hai scelto la foresta,

come dimora piuttosto che i palazzi?

Hai scalato i ruscelli e le rocce?

Ti sei bagnato nel profumo

e poi ti sei asciugato con la luce del sole?

Hai assaggiato il vino del mattino

da coppe di etere?

Portami il flauto e canta

che è il mistero dell’eternità…

E il gemito del flauto rimane

anche dopo la fine della vita…

Ti sei seduto da solo al tramonto tra i grappoli

appesi come lampadari d’oro…?

Hai fatto dell’erba il tuo letto per la notte?

Ti sei avvolto nell’aria serale

e preso il cielo per coperta?

In modo da poter consentire al futuro di venire

e lasciare andare il passato?

Portami il flauto e canta

in modo che i nostri cuori possano essere in equilibrio…

E il gemito del flauto rimane

anche dopo la fine di tutti i peccati…

Portami il flauto e canta

E dimentica le malattie e le loro cure…

poiché le persone non sono che

delle linee di poesia scritte, ma con acqua.

Khalil Gibran (جبران خليل جبران o Jibrān Khalīl Jibrān)

(Bsharri, 6 gennaio
1883New York, 10 aprile
1931)

Gibran è stato un poeta, pittore e filosofo
libanese.

Libanese di religione cristiano-maronita emigrò negli Stati Uniti;

le sue opere si diffusero ben oltre il suo paese d’origine:

fu tra i fondatori, insieme a Mikha’il Nu’ayma, dell’ Associazione degli scrittori,

punto d’incontro dei letterati arabi emigrati in America.

La sua poesia venne tradotta in oltre 20 lingue,

e divenne un mito per i giovani che considerarono le sue opere come breviari mistici.

Gibran ha cercato di unire nelle sue opere la civiltà occidentale e quella orientale.

Fra le opere più note: Il Profeta e Massime spirituali.

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